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martes, 22 de octubre de 2013

Entrevista a iCatfolk

iCatfolk

Ens acompanya la cantant saharaui Aziza Brahim, amb qui descobrim la seva música, marcada per una àvia combativa que defensa la llibertat amb les paraules i que dóna nom al seu disc, 'Mabruk'.

01 Aziza Brahim - Ard El Salam
02 Aziza Brahim - Wilaya Blues
03 Aziza Brahim - Invasores
04 Aziza Brahim - Laaiún Ezeina
05 Aziza Brahim - La tierra derrama lágrimas
06 Aziza Brahim - Regreso
07 Aziza Brahim - Ya Mulana
08 Aziza Brahim - Liberación de Guelta
09 Aziza Brahim - Lamentos
10 Aziza Brahim - Machair


jueves, 16 de mayo de 2013

Aziza Brahim in session




CD Round-Up and Aziza Brahim Session

Lucy Duran presents a round up of the latest world music recordings with Arwa Haider and John L Walters and a session by Saharawi singer Aziza Brahim.Born in the Saharawi refugee camps in south-west Algeria Aziza Brahim is seen as one of the most exciting musical talents from the Western Sahara and an important figure head for the Saharawi cause. Her music is a unique blend of traditional Saharawi Hawl and Latin Jazz drawn from her Saharawi routes as well as years spent studying in Cuba. Her new album, to be recorded in Barcelona, is set for release in the Autumn of 2013.
Marhabna, Machair, Hamid Rabi, Ya Rab
Aziza Brahim (vocals, tbal) Gonzalo Tascón (Guitar)

lunes, 29 de abril de 2013

Sahara Occidentale. "I diritti umani non sono una moneta di scambio". Incontro con Aziza Brahim

La cantante e percussionista Aziza Brahim parla della cultura come strumento di lotta per l’autodeterminazione e come voce della disillusione del popolo saharawi nei confronti della comunità internazionale sulla questione del Sahara Occidentale.  
di Ylenia Gostoli da Londra*
 
 
Dalla platea qualcuno si alza e posa la bandiera verde, rossa, nera e bianca della Repubblica Democratica Araba Saharawi sul palcoscenico, dove la cantante e percussionista Aziza Brahim sta eseguendo alcune canzoni dal suo ultimo album, "Mabruk" (2012), accompagnata dal blues di una chitarra elettrica e dal beat irresistibile del suo t’bel, lo strumento a percussione tipico saharawi.
 
Canta in arabo hassaniya e in spagnolo, una fusione di blues, funky, rock e musica tradizionale.
 
Più tardi durante il concerto alla Soas di Londra (parte del "Sahara Live Week" organizzato dalla Ong per i diritti umani Sandblast), la cantante dedica una canzone, "Ard Salam" (Terra di Pace), ai 24 attivisti arrestati dopo Gdeim Izik, la prima vera protesta della primavera araba.
 
Lo scorso febbraio la corte militare marocchina aveva emesso delle dure sentenze a loro carico, fra cui nove ergastoli.
 
Nata nel 1976 nei campi profughi vicino a Tindouf, Algeria, dove tuttora vivono più di 150,000 saharawi, l'artista ha dedicato la carriera alla causa per l’autodeterminazione del suo popolo. Dopo aver abbandonato gli studi, si è consacrata alla musica, dividendo il suo tempo tra la Spagna e i campi di Tindouf. 
 
Ricco di fosfati e altre risorse naturali, oggi gran parte del Sahara Occidentale è diviso in due da un muro lungo 2,700km, costruito durante la guerra tra l'esercito marocchino e il Fronte saharawi.
 
Nel 1991 fu istituita la MINURSO, ovvero la Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale, incaricata di monitorare quel cessate il fuoco che avrebbe dovuto portare al referendum per l’autodeterminazione della popolazione del Sahara Occidentale, e quindi la possibilità di scegliere fra l’indipendenza e l’integrazione con il Marocco.
 
Dopo le trattative della scorsa settimana, e nonostante le dure le critiche di Amnesty International e di altre organizzazioni per i diritti umani, la MINURSO rimarrà una delle poche 'missioni di pace' a non farsi carico del monitoraggio dei diritti umani nel territoro in cui è dispiegata. 
 
 
"I saharawi la elogiano come la poetessa del fucile", racconta Aziza parlando di sua nonna, Lkhadra Mabruk, i cui versi si sono trasformati nei testi delle sue canzoni, "in onore della sua lotta per spiegare al resto del mondo quello che davvero è successo durante i quindici anni di guerra con il Marocco".
 
"C’è un aneddoto  speciale che vorrei raccontarti. Mia nonna iniziò a dedicarsi alla poesia quando era molto piccola. Una volta partecipò a una competizione con sua madre: tanti poeti dovevano riuscire a trovare un verso che facesse rima con quello precedente. Fu così che mia nonna vinse contro sua madre, che per l’umiliazione giurò di non voler mai più avere a che fare con la poesia".
 
Pur non sapendo scrivere, la 'poetessa del fucile' parlava d'amore, e del deserto. Ma negli anni di guerra, si limitò a raccontare ciò che stava succedendo.
 
Hai dedicato tutta la tua carriera a sensibilizzare l’opinione pubblica sul conflitto nel Sahara Occidentale. Cosa è nato prima, il tuo interesse per la musica o la volontà di dar voce al popolo saharawi?
 
Sono due cose che vanno mano nella mano. L'interesse per la musica proviene dalle mie radici ed è una cosa che ho sempre vissuto in maniera naturale in famiglia. Dar voce al conflitto significa semplicemente parlare della mia storia, che è la storia di quasi tutti i saharawi. 
 
Concepisco la musica come uno strumento di presa di coscienza. Quando ascolto una canzone, voglio che questa mi trasmetta un messaggio.
 
E come tale, ciò che trasmette la mia musica è il dolore che mi pervade. Ho scritto anche canzoni che parlano d’amore, della natura, però ciò che mi preme è sensibilizzare le coscienze attraverso la musica. 
 
 
Ti definisci un’attivista?
 
Non è necessario essere un’attivista per vedere che ci sono ingiustizie che non dovrebbero esistere. Ognuno di noi dovrebbe essere in grado di prendere coscienza del dolore altrui, e del proprio. Per questo m'impegno, perché altri non debbano continuare a soffrire per le stesse ragioni per cui ho sofferto io. Se questo si può chiamare attivismo, allora sono un’attivista.
 
 
Che messaggio vuoi trasmettere attraverso la tua musica?
 
Il messaggio di un popolo che invoca una libertà che gli è stata negata per moltissimi anni. Un messaggio di fratellanza, solidarietà e di difesa dei diritti umani. 
 
 
Il recente rinnovo della MINURSO non prevede il monitoraggio dei diritti umani. La comunità internazionale ha fallito nei confronti dei saharawi?
 
Penso che al livello politico abbiamo vissuto molte delusioni. Ci hanno deluso le Nazioni Unite. I saharawi hanno sempre contato sull’appoggio della comunità internazionale.
 
I diritti umani non sono una moneta di scambio, in nessuna circostanza. Gli interessi economici non dovrebbero venire prima delle persone.
 
 
Le poesie di tua nonna hanno ispirato gran parte del tuo lavoro e della tua carriera. In che modo pensi che le sue parole risuonino ancora oggi fra la gioventù di Tindouf? Ci sono differenze fra le aspirazioni delle generazioni nate nei campi algerini e quelle che hanno vissuto l’esodo?
 
Mia nonna ha saputo trasmettere in maniera molto accurata la sofferenza della gente per l’inutile spargimento di sangue, e per la durezza della guerra, perché il nostro è un popolo pacifico che si è ritrovato a dover andare in guerra per difendersi.
 
Questo lei lo ha tradotto meravigliosamente nelle sue poesie, ed è per questo si continuano a recitare nei campi.
 
Siamo tutti coscienti del fatto che non avremmo mai voluto allontanarci dalla nostra terra. Penso che tutte le generazioni saharawi aspirino alla stessa cosa: come popolo, è nostro compito esigere che la nostra identità di saharawi venga rispettata.  
 
 
Il Fronte Polisario ha sempre considerato la cultura come un tassello fondamentale nel processo di costruzione dell’idea di nazione. Consideri la tua musica, con le sue influenze internazionali, parte integrante di questo processo di costruzione, o la vedi come qualcosa di differente?
 
Considera che siamo un popolo nomade. Per noi la cultura è molto importante e viene trasmessa oralmente di generazione in generazione; è ciò che ci lega.
 
Qualsiasi popolo, per la sua sopravvivenza, deve far tesoro della propria cultura, perché essa è ciò che lo distingue dagli altri: lo specchio nel quale si riflette una nazione. Costituisce dunque un lascito prezioso, e noi saharawi abbiamo il dovere di preservarla perché non è documentata.
 
Il timore è che parte della nostra cultura muoia con i suoi stessi creatori. Parte della poesia orale, per esempio. In Marocco è difficile preservarla, perché tutto ciò che ha a che fare con il patrimonio culturale saharawi non è tollerato.
 
Per noi questo è un altro dei crimini dell’occupazione, perché assieme alla cultura di un popolo, è il popolo stesso a sparire. 
 
La cultura del mio paese ha influito moltissimo sulla mia musica: tutte le mie basi, sia melodiche sia ritmiche, provengono da lì, anche se in seguito le abbiamo fuse con altri generi, come il blues, il rock, il funky.
 
Penso che questo scambio sia un arricchimento. La musica tradizionale saharawi ha delle tinte che si sposano molto bene con altre culture. Mi pare anche molto importante che la gioventù saharawi si avvicini al resto della musica, che abbiano gli strumenti che li rendano in grado di apprezzare e ascoltare altri generi musicali. Per esempio nel mio paese non c’è cultura rock, e io e il mio gruppo vorremmo avvicinare i giovani a questo.
 
 
Pensi che il Fronte Polisario continui a rappresentare il popolo saharawi?
 
Polisario è una sigla che noi saharawi abbiamo creato dall’inizio della nostra lotta (Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro) e che continuerà a rappresentarla.
 
Si tratta del compromesso con i nostri ideali. Abbiamo le nostre soggettività, le nostre menti, le nostre illusioni e la nostra meta, che è quella di riuscire a recuperare la nostra terra e di tornarci a vivere.ù
 
Quali sono le tue aspirazioni?
 
Dal punto di vista professionale, vorrei poter portare la mia musica in ogni angolo del mondo, far conoscere la situazione del mio popolo.
 
Dal punto di vista personale, mi limito ad avere speranza. Spero nella salute e di continuare ad avere le idee chiare.
 
 
* Foto: Aziza Brahim alla World Beat Music Academy di Londra, by Michael Brydon
 
Osservatorioiraq.it , 28 aprile 2013

miércoles, 20 de marzo de 2013

Continuarà

La cantant saharaui Aziza Brahim ens presenta el seu segon disc: Mabruk. Un treball que mescla ritmes i melodies tradicionals saharauis amb música més occidental com blues, rock i funky. Les lletres combinen la seva pròpia inspiració i molts dels poemes de la seva àvia, coneguda en el poble saharaui com la poetessa del fusell pels seus poemes reivindicatius.

La 2 de RTVE: Continuarà

martes, 19 de marzo de 2013

viernes, 1 de marzo de 2013

Aziza Brahim : ''Amb la música reivindico el dret d’autodeterminació del meu poble''


La diva del Sàhara actua a l'Auditori de l'Ateneu el 9 de març


  El blues del Sàhara, una irresistible barreja de rock, funk, soul i músiques tradicionals sahrauís, sonarà el proper 9 de març a l’Auditori de l’Ateneu de Banyoles de la mà de la cantant Aziza Brahim. Aquesta dona forta, criada en el camp de refugiats de Tinduf, s’ha convertit des de fa una dècada en una de les veus de la música sahrauí més reconegudes arreu. De fet fou la primera artista del Sàhara Occidental -aquest país que malda per ser-ho- en aconseguir un número 1 internacional. El seu darrer àlbum, “Mabruk”, és un homenatge a la seva àvia, Ljadra Mint Mabruk, que era coneguda popularment com “la poetessa del fusell” pels seus versos punyents i militants. Versos als quals Aziza hi posa veu per denunciar la situació del seu país i també per fer sentir d’altres reivindicacions, com la promoció dels drets de les dones en el món àrab. No és cap casualitat doncs que a Banyoles hi actuï en el marc del Dia Internacional de les Dones. Podeu conèixer de més a prop aquesta artista indòmita en la següent entrevista. 

Molts et consideren l’ambaixadora del Sàhara, què significa per a tu portar la música sahrauí arreu? 
 És un privilegi i un orgull enormes poder donar a conèixer la meva cultura i fer-li un lloc en el mercat de les músiques del món, actuant en llocs com per exemple el Womex [La fira de músiques del món més important del planeta]. 

Quins objectius persegueixes amb la teva música? 
Que la música hassani i el haul [músiques tradicionals sahrauís] arribin a un públic el més ample possible. Superar les adversitats que m’ha tocat viure. Expressar la realitat d’un país, el Sàhara Occidental, que ja fa més de trenta anys que està ocupat, i el territori del qual ha estat dividit amb un mur de més de dos mil kilòmetres sembrats de mines, amb gran part de la seva població vivint en camps de refugiats. Amb la música hom pot expressar-se, divertir-se però alhora cridar l’atenció sobre la sistemàtica vulneració de drets elementals com el dret a l’autodeterminació dels sahrauís. 

 En el disc “Mabruk”, que presentarà a Banyoles, musica els versos de la seva àvia. Se sentia en deute amb ella? 
Oi tant. Però més que un deure era una necessitat. Ljadra Mint Mabruk és un referent ineludible de la nostra poesia oral i jo vaig créixer escoltant i recitant els seus poemes. Tenim la sort que segueix molt activa, és la meva principal font d’inspiració i així he volgut mostrar l’admiració que li tinc. Ja fa uns anys que t’has instal·lat a l’Estat espanyol.  

Com veus el futur del teu país des d’aquí?  
Diuen que l’esperança és el darrer que es perd, i de fet nosaltres ens hi aferrem. Ens van prendre el territori, la llibertat, els drets... El meu poble està resistint en condicions extremes i malgrat que ens intenten retirar fins i tot l’ajuda humanitària no perdrem l’esperança. Tot i que realment es fa difícil mantenir-la. La societat civil espanyola m’ha acollit i tractat molt bé però en canvi els diferents governs han ignorat sempre la nostra identitat com a sahrauís. 

Ja per acabar, amb què es trobarà la gent que vingui al vostre concert a l’Auditori de l’Ateneu? Amb la meva banda Gulili Mankoo intentem que els nostres concerts sonin bé, que siguin festius i que la gent es diverteixi. I esperem que així sigui també a Banyoles.



domingo, 27 de enero de 2013

AZIZA BRAHIM _ DIVERSONS 2013



Los vientos del desierto nos traen una insólita mezcla de músicas del África occidental (Sahara, Senegal, Mauritania, Argelia) con blues, rock, reggae y otros acentos caribeños. Todo ello nos llega servido de la mano de Aziza Brahim, una cantante y percusionista nacida en los campamentos de refugiados de Tinduf (Argelia) que en 2009 se convirtió en el primer músico saharaui en alcanzar el número uno internacional. Al frente de su grupo plurinacional Gulili Mankoo, Brahim pone música a los versos de su abuela, Ljadra Mint Mabruk, conocida como «la poetisa del fusil». Los poemas y melodías de dos mujeres valientes se entrelazan así para reivindicar la cultura y la memoria de un país oprimido. Con su música militante y a la vez festiva Aziza Brahim logra mover conciencias... ¡y piernas!
Aziza Brahim, tabal y voces
Badra Abdellahe, coros y djembé
Gonzalo Ordás, guitarra eléctrica
Javier Otero, guitarra acústica
Jesús Escribano, bajo eléctrico
Juan Vivas, batería

miércoles, 16 de enero de 2013

Presentación de "Mabruk" en el Auditori de l'Ateneu de Banyoles

 

Cesk Freixas, Gossos, Aziza Brahim i Pablo Carbonell actuaran a l'Auditori de l'Ateneu de Banyoles aquest semestre 

 

Aziza Brahim actuarà a l'Audtori de l'Ateneu el dissabte 9 de març.   
Escrit per 

Aziza Brahim actuarà a l'Audtori de l'Ateneu el dissabte 9 de març.
Els cantautors Cesk Freixas i Miquel Abras, els manresans Gossos, Andrea Motis & Joan Chamorro, Pablo Carbonell o Aziza Brahim són alguns dels artistes que passaran per l’Ateneu – CMEM  de Banyoles durant aquest semestre.
De gener a juliol, l’equipament ofereix una vuitantena de propostes diverses entre l’Auditori, l’Ateneu Bar i la vessant formativa. L’equipament ha presentat, aquest dimarts, la nova programació que manté el nivell tot i el context econòmic i la retallada del 10% del pressupost.L’Auditori de l’Ateneu presenta més de trenta actuacions d’estils i formacions molt diverses. Aziza Brahim presentarà el disc 'Mabruk' a Catalunya. Aquesta cantant i percussionista es va convertir el 2009 en el primer músic sahrauí a assolir un número 1 internacional. Per la seva banda, Rosalía, una joveníssima cantaora catalana, presentarà una proposta intimista i personal. Pel que fa a les anomenades músiques modernes, Pablo Carbonell, que va saltar a la fama com a reporter de ‘Caiga quien caiga’, presentarà ‘Canciones de cerca’. D’altra banda, Gossos tornaran a primera línia a partir del maig i a l’Auditori faran la presentació del seu nou treball a les comarques gironines. També serà primícia a la demarcació l’espectacle ‘Cançons de nosaltres i el món’, dels cantautors Miquel Abras i Cesk Freixas, que uneixen esforços i sumen el seu repertori. Finalment, cal destacar Paul Fuster, que ja va ser l’estiu passat al Festival (A)phònica i que tornarà a actuar a Banyoles.

També destaca l’actuació del Dúo Moreno Gistaín, amb dos pianos damunt l’escenari. La música jazz estarà representada amb tres propostes. Per una banda, els dos concerts d’Andrea Motis & Joan Chamorro Group i, com a activitat paral·lela, el documental ‘A film about kids and music. Sant Andreu Jazz Band’. Per l’altra, la cantant Sara Pi, presentarà composicions pròpies que fusionen l’impacte de l’R&B i del soul amb harmonies brasileres.
Per al públic infantil s’ha programat un espectacle especialment pensat per als nens i nenes a partir de 2 anys, ‘Brass Brass Brass' d’Spanish Brass Luur Metalls. A més, per primera vegada se celebrarà DBUT, un nou concurs pensat per detectar els millors artistes i grups joves de les comarques gironines pel què fa a les músiques d’arrel, la clàssica i el jazz. Creat per Joventuts Musicals de Banyoles, Figueres i Girona, en aquesta primera edició Banyoles acollirà la modalitat d’arrel.
L’Ateneu Bar potenciarà més que mai la nova fornada de grups musicals amb les actuacions de Coriolà, Empty Cage, o The Free Fall Band. També hi tenen cabuda artistes emergents com Guillem Roma & Camping Band Orchestra o Ferran Palau.

http://banyolestv.cat/index.php/noticies/general/cultura/item/506-cesk-freixas-gossos-aziza-brahim-i-pablo-carbonell-actuaran-a-lauditori-de-lateneu-de-banyoles-aquest-semestre

viernes, 7 de diciembre de 2012

jueves, 15 de noviembre de 2012

Entrevista con Sedryk de Reaktion

 Interview de Sedryk, du label Reaktion, sur la Radio Télévision Suisse, avec un titre d'Aziza Brahim.


martes, 16 de octubre de 2012

Galileo Galilei (Madrid)

Uno de los temas del disco Mabruk, Mohamed Yslim, en directo el sábado 6 de octubre en la Sala Galileo Galilei de Madrid. 


domingo, 7 de octubre de 2012

­ ­ ­ ­ Telediario: Dos cantantes saharauis revitalizan su tradición musical en Madrid

 Este fin de semana han coincidido en Madrid la gran dama de la música saharaui, Mariam Hassan, y la gran promesa, Aziza Brahím. Son de generaciones distintas, pero las dos triunfan en países como Francia o Alemania, y luchan por el reconocimiento al pueblo saharaui, mientras revitalizan su tradición musical.


sábado, 6 de octubre de 2012

Mundo Babel - Siete razones


Siete razones "para hablar de la inocencia", como reza la canción de Paco Ortega al inicio de esta edición. Siete y la primera, la cantante, autora y percusionista Aziza Brahim. Sáhara en español que se niega a regalar su libertad. Marcela Ferrari, tambien cantante y autora distinguida, la segunda, junto a Osvi Greco a la guitarra."Tangos propios", tangos después de Gardel y Gotan Project, desde Madrid. Siete mágicas razones, las otras tendrás que descubrirlas por ti mismo.

Juan Pablo Silvestre, Mundo Babel, R3

viernes, 5 de octubre de 2012

El ojo crítico - Aziza Brahim, la voz del Sáhara en Europa

Hemos charlado con Aziza Brahim, cantante y percusionista saharaui que nos ha presentado su disco Mabruk antes de hacerlo este sábado en la Sala Galileo Galilei de Madrid. Además, ha interpretado en directo uno de los temas que forman parte de este trabajo que fusiona sonidos árabes, africanos y blues y que es un homenaje a su abuela, conocida como 'la poetisa del fusil' que luchó mucho, a través de sus poesías y canciones, por los derechos del pueblo saharaui. "El disco me ha permitido sincerarme con mi causa, donde he nacido y con mi experiencia", ha asegurado la cantante.

El ojo crítico, RNE

jueves, 4 de octubre de 2012

Nunca es tarde - Aziza Brahim canta por el Sahara en 'Mabruk'


La cantante y percusionista saharaui Aziza Brahim nos ha visitado para presentarnos su disco Mabruk antes de hacerlo este sábado en la Sala Galileo Galilei de Madrid. Este trabajo fusiona sonidos árabes, africanos y blues y es un homenaje a su abuela, conocida como 'la poetisa del fusil' que luchó mucho, a través de sus poesías y canciones, por los derechos del pueblo saharaui "y para mí era importante hacer este disco porque no quería que su obra poética se quedara en el olvido", ha asegurado Aziza. "El disco me ha permitido sincerarme con mi causa, donde he nacido y con mi experiencia"

Nunca es tarde, RNE

martes, 2 de octubre de 2012

Aziza Brahim: «La música me permite superar las adversidades que me han tocado vivir»

 La cantante saharaui presenta su fusión de sonidos árabes, africanos y blues este sábado en la sala Galileo, de Madrid

 Aziza Brahim presenta, junto a su banda Gulili Mankoo, su primer disco, «Mabruk»

Una cosa es contar las experiencias de desarraigo desde fuera, y otra hacerlo desde la experiencia propia. Aziza Brahim, cantante y percusionista saharaui, nació hace 36 años en los campamentos de refugiados de Hammada de Tinduf, en Argelia. Ahora vive en España, donde fundó su proyecto Gulili Mankoo.Este sábado se sube al escenario de la madrileña sala Galileo Galilei con su primer disco, «Mabruk», cuya propuesta, según nos explica ella misma «es la fusión de músicas occidentales como el rock, funk, el pop y otros que tienen su origen en África como el blues, tomando siempre como base las melodías y matices rítmicos tradicionales saharauis, así como las percusiones del África Occidental». En las letras nos habla de asuntos que preocupan a cualquier joven del planeta, como amores correspondidos o no, pero también rinde homenaje a su abuela, Ljadra Mint Mabruk, poetisa comprometida que se ha convertido en una de las voces más reconocidas de su pueblo.

-¿Qué significa para usted poder llevar la música y la voz de su tierra a otros países?
-Un privilegio y un orgullo muy grandes, poder compartir mi cultura con la de otros pueblos para que la música saharaui encuentre más espacio entre las referencias de músicas del mundo, al igual que otras músicas africanas y árabes.
-¿Qué cree que puede conseguir la música?
-Que la música hassani y el haul lleguen al mayor número de público posible. Superar las adversidades que me han tocado vivir. Expresar la realidad de un país, el Sáhara Occidental, cuyo territorio ha sido ocupado desde hace más de tres décadas y dividido por un muro de más de dos mil kilómetros sembrados de minas, con gran parte de su población viviendo en campos de refugiados. La música permite expresarse, divertirse e incluso reclamar la atención sobre la vulneración de derechos elementales como el derecho a la autodeterminación de los saharauis, reconocido por las más altas instituciones de la Justicia Internacional.
-¿Qué representó ver editado su primer disco? Supongo que habría mucha ilusión, muchos sueños ahí puestos.
-Una gran satisfacción, porque ha supuesto mucho trabajo, mucho esfuerzo y dedicación, ya que es un disco autoproducido en el que se implicó toda la banda, a pesar de ser una apuesta arriesgada, teniendo en cuenta la situación del mercado musical y las circunstancias que atraviesa la cultura hoy en día. El lanzamiento de «Mabruk» era un objetivo para nosotros. Y se ha visto cumplido en un año en el que la cultura saharaui ha estado muy presente.
-¿Consideró como un deber dar a conocer la obra de su abuela?
-Por supuesto, pero más que un deber era una necesidad. Ljadra Mint Mabruk es un gran referente de nuestra poesía oral y yo crecí escuchando y recitando sus poemas. Tenemos la suerte de que siga muy activa, es mi mayor inspiración y así he querido mostrar mi admiración por ella, musicando algunos de sus poemas para que no se pierdan. Pero, la obra de mi abuela merece mucha más atención de la que supone la edición de este disco.
-La situación del Sáhara parece estancada desde hace muchos años. ¿Hay todavía esperanzas en vuestro pueblo?
-Dicen que la esperanza es lo último que se pierde. Vivimos abrazados a ella. Nos quitaron el territorio, la libertad, los derechos. Mi pueblo está resistiendo en condiciones extremas y aunque nos intenten retirar hasta la ayuda humanitaria, no vamos a perder la esperanza. Pero es cierto que la realidad no contribuye demasiado a mantenerla.
-Ha desarrollado su carrera en España. ¿Cómo le ha tratado este país?
-Siempre me sentí acogida y bien tratada por la sociedad civil española, siempre he recibido apoyo de la gente. En cambio, los diferentes gobiernos han ignorado siempre nuestra identidad como saharauis.
-¿Cómo describiría la visión que tenemos en Occidente de los países árabes?
-Hay muchos prejuicios sobre la cultura árabe. En Occidente se generaliza demasiado sobre cualquier asunto referente a los árabes. No se suele tener en cuenta las diferencias que hay entre los distintos países, tanto en diferencias culturales, como en sus diferentes dialectos. En nuestro caso, los saharauis somos árabes, pero también africanos.
-Para terminar; ¿cómo es uno de sus conciertos? ¿Cómo lo vive y cómo sientes que lo vive el público?
-Siempre me acompaña mi banda Gulili Mankoo. Intentamos que los conciertos suenen bien, que sean festivos y que la gente se divierta. Esperamos que sea así en el concierto de presentación del disco Mabruk el próximo sábado 6 de octubre en la sala Galileo Galilei de Madrid.

 Pablo Martínez Pita, ABC


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